Being With Refugees

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Documentari

Nel 2011, una ferita si apre nel cuore della Siria. In risposta alle manifestazioni pacifiche contro il presidente Bashar al-Assad, il governo reagisce con violenza, e presto la situazione degenera in guerra civile. Nel corso degli anni, la crisi siriana vede il progressivo coinvolgimento di forze straniere, ciascuna desiderosa di approfittare della debolezza del Paese, non importa a che prezzo.

Questa, però, non è la storia di nazioni in lotta, di visioni opposte del mondo che si danno battaglia. Non è la storia di Al-Qaida, dell’Isis, o dei Paesi occidentali che hanno sorvolato i cieli siriani carichi di bombe. Questa è la storia di ha pagato il prezzo della guerra, e per sopravvivere ha dovuto strappare le proprie radici, andare lontano. La storia di chi aiuta queste persone a costruirsi un futuro. Dei rifugiati, e dei volontari dell’UNHCR che operano vicino ai confini di una terra in conflitto.

A raccontarcela è la voce iconica di Francesco Pannofino, e sono le testimonianze di Adib e Itab, Ayoub e Zahra, Lilly, Ajj e Amitab, insieme a quelle di tanti altri rifugiati e cooperanti intervistati nei campi in cui vivono e lavorano, spesso in condizioni difficilissime. C’è chi conserva in una scatola di latta le foto di un passato perduto per sempre. Chi vuole dimenticare la propria casa crollata. Chi vuole fare della propria esperienza traumatica un canale di comunicazione attraverso cui aiutare chi soffre. Chi si sforza di mantenere una parvenza di normalità e chi, ancora bambino, studia e gioca sperando in un futuro diverso.

Il documentario si concentra sulla vita dei rifugiati in due Paesi confinanti con la Siria: il Libano e la Giordania. In Libano, il numero di rifugiati pro-capite è il più alto al mondo. A causa di restrizioni governative mancano campi ufficiali, e le famiglie sono costrette a vivere in insediamenti su suolo privato. Luoghi duri, in cui le condizioni igieniche sono devastanti, l’estate brucia la pelle e l’inverno assale le baracche con tonnellate di neve. Nemmeno la fine della stagione fredda dà tregua ai rifugiati: la neve sciolta, infatti, si mescola alla terra riempiendo le strade di fango, e dando spesso luogo a pericolose inondazioni.

Queste immagini sconvolgenti ci fanno capire quanto sia fondamentale l’intervento dell’UNHCR per migliorare anche solo di poco la vita di chi è costretto a trovare riparo in Libano. Nelle città, nei villaggi e nei campi temporanei, uomini, donne e bambini cercano una difficile integrazione, scontrandosi quotidianamente con condizioni che rendono arduo anche solo sopravvivere.

Dopo aver lasciato il Libano, ci spostiamo in Giordania, che con Petra, Amman, Jerash, il Wadi Rum, il Mar Rosso e il Mar Morto è tra le mete più visitate del vicino oriente. Oltre ai tanti turisti che ogni anno ammirano le sue bellezze, tuttavia, questa terra antica e affascinante ospita anche moltissimi rifugiati.

Al Nuzha Community Support Center, ad Amman, rifugiati provenienti da Siria, Iraq, Yemen, Sudan e Somalia studiano e partecipano ad attività che possano facilitare il loro inserimento nella comunità locale. A 90 km dal confine siriano, invece, una distesa di container bianchi si stende nel deserto apparentemente infinito: è il campo di Azraq, dove oltre 36.000 persone hanno trovato un luogo dove stare. Un luogo all’apparenza ostile, abbandonato in una terra arida, ma in cui uomini, donne e bambini cercano faticosamente di ritrovare una parvenza di normalità. Ci sono mercati, in questa città di lamiera, negozi aperti e scuole in cui giovani studenti gettano le basi di un futuro migliore, socializzano e, finalmente lontani dalla guerra, si godono la gioia di essere bambini.

Grazie alle storie raccontate in questo documentario, la parola “rifugiato” acquisisce occhi e volti umani, pieni di dolore ma anche di speranza. Per ricordarci che al di là di statistiche, discorsi politici astratti e strategie militari, al centro di una guerra c’è sempre la vita delle persone.

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